Restituzione dalla Tappa Valsusina da www.notav.info
Ichi ‘itak lek ti ba talike!
Con queste parole, che in lingua tsotsil significano “Benvenute!”, abbiamo accolto in Valle di Susa, domenica 17 ottobre, sei donne componenti di uno dei ventotto gruppi che formano la delegazione zapatista, che sta visitando l’Europa in questi mesi, con lo slogan “Gira por la vida”.
Oltre alle cinque zapatiste e alla donna membro del Consejo Nacional Indigena messicano, un ulteriore gruppo di cinque uomini, anch’essi zapatisti, sono stati nostri ospiti nel fine settimana successivo.
Nonostante le difficoltà oggettive di comprensione linguistiche (due donne parlavano soltanto la loro lingua madre tsotal e due uomini la lingua cho’ol) e nonostante il poco tempo a disposizione, lo scambio di esperienze è stato positivo e, crediamo, importante sia per la delegazione zapatista che per il movimento No Tav.
Escucha y Palabra dicono gli zapatisti: l’ascolto e la parola.
Così, visitando i nostri presidi di San Didero, Vaie, Borgone, Susa, Venaus e l’esperienza dei Mulini, incontrando amministratori, comitati no tav, le fomne no tav, presidianti e attivisti, compreso uno scambio emotivamente impattante con Emilio, i due gruppi zapatisti hanno potuto toccare con mano la devastazione in atto nella nostra terra, le forme di resistenza che portiamo avanti, le iniziative che caratterizzano il nostro percorso di opposizione a questa opera inutile, nociva e costosa, le forme di repressione messe in atto dalla controparte.
Contemporaneamente, chi ha partecipato agli incontri, ha potuto ascoltare le loro semplici parole, il racconto di un percorso di resistenza clandestina sulle montagne del Chiapas contro ciò che loro chiamano il Mal Gobierno, per arrivare all’insurrezione del primo gennaio ‘94 e al successivo percorso di costruzione di una autonomia.
Nel loro invito ad accoglierli ci avevano scritto: “Veniamo a ringraziare l’altro per la sua esistenza. Ringraziare per gli insegnamenti che ci hanno dato la sua ribellione e resistenza… Veniamo ad abbracciare l’altro e gli diremo che non è solo, sola, soloa. Veniamo a sussurrargli che vale la pena la resistenza, la lotta, il dolore per chi non c’è più, la rabbia per il criminale impunito, il sogno di un mondo non perfetto, ma migliore: un mondo senza paura……”
Così è stato, scambiando esperienze di resistenza e di lotta, individuando analogie e differenze, cercando di rispondere insieme alla domanda che spesso ci hanno posto alla fine dei loro interventi: di fronte a questo capitalismo devastatore, saccheggiatore, ingiusto e divoratore di persone e della Madre Terra, cosa possiamo fare qui in Valle di Susa o là in Chiapas?
Una domanda che merita riflessione, escucha, palabras e soprattutto lotta.
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